Dall’infanzia alla pubblicazione dell’Ortis (1778-1802)

Ugo Foscolo nacque a Zante, una delle isole ionie allora appartenenti alla repubblica veneta, il 6 febbraio 1778. Il padre fu Andrea, medico; la madre, Diamantina Spathis, già vedova. Ugo, che allora si chiamava Nicolò, era il maggiore di altri cinque fratelli: Rubina, Gian Dionisio, Costantino, Angelo, Giulio. Morto Andrea nel 1781. La famiglia del Foscolo si ritrovò in ristrettezze economiche per soddisfare i creditori del defunto, quindi Diamantina si recò a Venezia, dove il marito aveva lasciato in sospeso alcuni affari. Ugo e gli altri fratelli la raggiunsero verso il 1792, stabilendosi in una povera casa del sestiere di Castello. Foscolo fu ben presto fu introdotto nel salotto della bellissima Isabella Teotochi Albrizzi, che diventò sua amante: in quell'ambiente conobbe i letterati più insigni che a quel tempo arrivavano a Venezia, come Ippolito Pindemonte e Melchiorre Cesarotti. Nel 1797 fu rappresentata la prima tragedia foscoliana, il “Tieste”, con riferimenti allo stile di Alfieri, e che riscosse non poco successo. 
Quando gli eserciti del Bonaparte proclamarono la libertà d'Italia e minacciarono di invadere l'antica repubblica, il giovane poeta si mostrò entusiasta di tali cambiamenti: ciò lo costrinse però a rifugiarsi a Bologna nella Cispadana, dove si arruolò come volontario: qui scrisse l’ode “Bonaparte liberatore”. Quando si fondò in Venezia una municipalità provvisoria, il Foscolo volle ritornarvi impegnandosi, nei pochi mesi di vita che ebbe la costituzione repubblicana, come segretario. Il trattato di Campoformio, in seguito al quale Venezia era ceduta all'Austria, fu per il giovane poeta una profondissima delusione: di lì nacque in lui quella diffidenza, se non pur quell'odio, verso il Bonaparte e la democrazia francese. Capì dunque che l'Italia non avrebbe dovuto attendere la sua risurrezione dall’esterno, piuttosto da sè e dalle sue energie. 
Dunque si spostò a Milano, dove divenne redattore del Monitore italiano, cogliendo l’occasione per denunciare ogni sopruso cui assisteva: si oppose alla mentalità borghese dei nuovi legislatori francesizzanti, osteggiando la soppressione nelle scuole della lingua latina, proposta nel 1798. Rivide il Monti, già conosciuto a Bologna, e s'invaghì della moglie, Teresa Pickler. Conobbe poi il vecchio Parini, che ammirò molto, facendone l'apoteosi nell'Ortis e nei Sepolcri
Nell'aprile del 1798 il Monitore, troppo libero e italiano, fu soppresso: allora Foscolo si recò a Bologna, dove fece stampare senza  pubblicarla, la prima parte delle "Ultime lettere di Jacopo Ortis". Ma, alla notizia che gli Austro-russi invadevano l'Italia, il Foscolo riprese il servizio militare. Intanto l’editore di Bologna, per fretta di pubblicare l’Ortis, ne affidò la prosecuzione a un giornalista, e lo diffuse nel '99, seppur incontrando difficoltà con la censura austriaca. Il Foscolo intanto, distinguendosi in numerose battaglie, ebbe modo anche di conoscere la marchesa Luisa Pallavicino, cui dedicò un’ode. Nel novembre del 1800 si recò a Firenze, dove conobbe la giovane Isabella Roncioni, di cui s’innamorò, ma che era destinata sposa ad un marchese fiorentino, seppur lei non lo amasse. Foscolo sentì allora il bisogno di continuare l'Ortis, disconoscendo l’opera continuata a sua insaputa: la vedova Teresa, forse in origine ispirata alla Monti, prese stavolta i tratti della Roncioni. Nell'ottobre del 1802 il romanzo fu pubblicato intero a Milano, costituendo uno dei più notevoli avvenimenti letterari del periodo. 


 



 
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