LA CHIOMA DI BERENICE

La traduzione (corredata anche da commento e accompagnata dai primi frammenti delle Grazie spacciati per un antico testo ritrovato) realizzata da Foscolo dell'elegia di origine callimachea ma pervenuta ai posteri solo attraverso la versione latina di Catullo, si inserisce nell'attenzione tipicamente neoclassica nei confronti della cultura greca e latina, a volte espressa da Foscolo mediante reinterpretazioni di componimenti classici (vedi il sonetto "In morte del fratello Giovanni"), e altre volte invece, come in questo caso, più semplicemente mediante la traduzione, che pure aveva nel poeta una forte connotazione di originalità artistica, come testimonia la sua attività molto sentita e sofferta di traduttore omerico.
L'elegia in questione concludeva gli Aitìa di Callimaco, un poema in metro elegiaco suddiviso in quattro libri d'un migliaio di versi ciascuno e contenente composizioni di diverso argomento, ma collegate tutte dall'intenzione di chiarire le origini e le cause che hanno determinato riti, feste, usanze, istituzioni e nomi del mondo greco. Anche la "Chioma" dunque, pur non rifacendosi ad episodi mitici o eroici, ma essendo ispirata da un fine puramente encomiastico, coglieva nell'attualità la motivazione della denominazione di una costellazione: Berenice, moglie del re Tolomeo III Evergete, preoccupata perchè il marito era in guerra contro la Siria, recise un ricciolo della sua capigliatura come ex voto in cambio della salvezza dell'uomo. Smarritosi però il ricciolo, l'astronomo di corte Conone lo identificò nella costellazione da lui appena scoperta, consolando così la regina. Subentra allora lo stesso ricciolo protagonista della catastasi, che rende le lodi della donna cui apparteneva, con uno stile comunque lieve e ironico che non appesantisce troppo l'esplicito encomio della regina.
Nel carme catulliano però, venendo meno naturalmente la necessità encomiastica, l'attenzione s'incentra sulle virtù solitamente care all'autore latino, ovvero la fides e la pietas, donando in tal modo una connotazione più moralistica alla composizione. Scriveva infatti Foscolo nel capitolo secondo del Discorso quarto che precede il testo della Chioma di Berenice: "la poesia deve per istituto cantare memorabili storie, incliti fatti ed eroi, accendere gli animi ai valori, gli uomini alla civiltà, le città all'indipendenza, gl'ingegni al vero e al bello, il tutto percuotendo le menti col meraviglioso, ed il cuore con le passioni."