Dedica [Giovan Battista Niccolini, nato a Bagni di San Giuliano (Pisa) 19 novembre 1782 da nobile famiglia fiorentina, e morto a Firenze il 20 ottobre 1861 e sepolto in Santa Croce, si laureò a Pisa in legge e dal 1807 ebbe la nomina alla cattedra di storia e mitologia nell'Accademia fiorentina di Belle Arti. Accademico della Crusca dal 1812 e dal 1848 senatore del Senato del Granducato di Toscana, ma non partecipò attivamente alla vita politica degli anni risorgimentali. Il Foscolo gli dedicò il volume di poesie comprendente odi e sonetti pubblicati nel 1803 e il poemetto La chioma di Berenice. Fece di lui, inoltre, forse il personaggio di Lorenzo Alderani de Le ultime lettere di Jacopo Ortis. La sua fama si legò presso i suoi contemporanei alle tragedie, classicistiche nel fondo, ma romantiche nella predilezione dei temi storico-nazionali, nelle quali evocò temi e figure della storia italiana a fini patriottici insieme a una polemica fortemente repubblicana. Di lui ricordiamo Nabucco, Giovanni da Procida, Arnaldo da Brescia, Beatrice Cenci]. A Luigia Pallavicini caduta da cavallo L'ode fu scritta nel 1800 per Luigia Pallavicini, gentildonna genovese, la quale, durante una cavalcata sulla riviera di Sestri, era caduta ferendosi gravemente al viso. Il Foscolo si trovava allora a Genova assediata dagli Austriaci, capitano delle milizie napoleoniche comandate dal generale Massena. "Ma il dramma è dal sereno fluire dell'ode; il poeta trasferisce l'evento contingente in un'aura favolosa: il mito di Adone, simbolo della caducità della bellezza individuale, e quello di Artemide, simbolo dell'eternità della bellezza universale. Il Foscolo celebra in quest'ode non una donna, ma la bellezza, espressione della suprema armonia del mondo, ma non sempre si innalza a vertici veri di poesia. Solo a tratti ritroviamo l'equilibrio tra la «passione divorante» e la «pacata meditazione». L'ode fu pubblicata già nel 1802." Prosa: 1)Per te le Grazie preparino i soavi balsami e le
bende odorose che diedero a Venere, quando una spina
profana le punse il piede divino |
Foscolo cominciò a scrivere quest'ode nella primavera del 1802, come si evince da una lettera a Vincenzo Monti datata aprile 1802. L'ispiratrice è la contessa milanese Antonietta Fagnani Arese, che il poeta amò dall'estate del 1801 e allora convalescente dopo una lunga e grave malattia, che si era manifestata già nell'inverno del 1801. Anche in questa poesia il motivo contingente (la guarigione dell'amica, come nell'altra ode) resta un semplice spunto; il vero centro è l'idea della bellezza, sempre minacciata e sempre risorgente come illusione e valore consolatorio della vita umana insieme all'amore sentito come estatica contemplazione della bellezza della donna amata e superamento della seduzione dei sensi in una luce di pura idealità, che possiamo meglio capire attraverso la lettura del seguente brano, tratto dallo Jacopo Ortis:
L'altro tema importante dell'ode è quello della poesia eternatrice della bellezza, che si incarna nella donna amata, e dei valori umani, liberando l'uomo dalla dolorosa sensazione della caducità della vita umana. È proprio la poesia che ha reso la creazione immortale di Dee, divinizzando la cacciatrice mortale Diana- Artemide, che abitava sulle pendici del monte Parrasio in Arcadia, ed era la guida di altre fanciulle vergini durante la caccia, fino a proclamarla figlia dello stesso Giove; l'amazzone guerriera Bellona, cui furono consacrati altari e resa compagna di Marte; e infine la regina Venere, che regnò sulle isole di Citera e di Cipro, dove perpetua odora la primavera. Prosa 1 -Come l'astro più caro a Venere uscendo dagli
abissi marini appare tra le fuggenti tenebre coi suoi
raggi tremolanti come capelli pieni di rugiada e
abbellisce il suo cammino celeste ravvivandosi colla luce
degli eterni raggi del sole; |