Dedalo e Icaro



Dedalo e Icaro, Antonio Canova



L'eterna aspirazione dell'uomo al volo liberatorio, quello sfidare le leggi della natura per staccarsi dalle angosce della vita terrena e dominarle dall'alto senza più temerle, si è fatta arte nel genio scultoreo di Antonio Canova, autore in giovane età del "Dedalo ed Icaro": il disperato tentativo del vecchio Dedalo di aprire una via di salvezza al giovane figlio Icaro, come lui imprigionato nel Labirinto cretese dove si aggira furioso il Minotauro. Dedalo infatti, come si osserva nel gruppo scultoreo, sta applicando con amorevole premura ad Icaro delle ali con la cera e c'è da notare nella resa del soggetto la fedeltà alle fonti letterarie latine con fedeltà estrema (Ovidio - Ars amandi - vv. 49-70; Metamorfosi - Libro VIII), come succederà poi anche con "Amore e Psiche" tratto dalla fabula di Apuleio.

La dirompente innovazione che lo pose all'attenzione dei neoclassicisti si esprime così :

  • una resa limpida, libera da ogni retorica, dei sentimenti che legano padre e figlio: infatti, è chiaramente avvertibile sia la speranza di Dedalo di mettere in salvo Icaro sia il timore dello stesso padre per il fallimento dell'impresa. Icaro, dal canto suo invece, si affida serenamente alle attenzioni premurose del padre e per questa fiducia incondizionata non teme in alcun modo per la sua incolumità (non è in tal senso presente alcun presagio della tragedia che avverrà).

  • una 'prosasticità' del soggetto, estranea a gran parte dell'arte contemporanea, evidente in modo particolare nel naturalismo spinto del vecchio Dedalo (nell'icastica definizione del suo volto). Infatti "l'autore demitizza il soggetto mitologico per riportarlo all'inadorna oggettività del fatto, all'ideale funzionalità della forma" (Argan).

  • l'artista realizza qui per la prima volta la "trovata strabiliante" di negare alla forma plastica il privilegio della centralità, soluzione destinata a riproporsi in alcune tra le opere della maturità


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