Questo carme fu iniziato dal Foscolo nel 1804 e ripreso nel 1806, in un periodo perciò antecedente alla pubblicazione dell'editto di Saint Cloud (cui comunque aggiunse poi un riferimento), legge con cui Napoleone obbligava che i cimiteri fossero posti nelle periferie delle città e le iscrizioni sulle lapidi dovessero essere uguali sia per i defunti illustri che per quelli comuni. L’opera fu dedicata allo scrittore Pindemonte, con il quale il poeta aveva avuto una conversazione a proposito, dichiarandosi inizialmente indifferente alla problematica sepolcrale, e assumendo dunque una posizione dettata da una visione atea e materialistica della morte, la quale era fine di tutto e non sarebbe certo servito un "sasso" a porvi rimedio. Assieme alla Albrizzi, invece, Pindemonte da cattolico, esponendo il piano di un suo poemetto (i Cimiteri), aveva lamentato che la mentalità giacobina cui s'ispirava la nuova legislazione, inducesse a trascurare il pietoso culto dei defunti, e riteneva pertanto che l’editto fosse irrispettoso verso la memoria degli uomini. Ma pochi mesi dopo Foscolo, approfondendo la propria meditazione, s'accorse che quelle tesi che aveva sostenuto non corrispondevano al suo intimo sentire, o almeno non ne esaurivano la complessità, e compose il suo carme come una ripresa, su un piano poetico, della disputa avuta col Pindemonte, ampliandola però in una considerazione più vasta del destino umano, pur mantenendo le sue idee fondamentalmente laiche: spedì allora al Pindemonte un’epistola contenente appunto i “Sepolcri”, componimento col quale ritrattava il suo precedente disinteresse all’argomento.
Con questo carme egli volle perciò dimostrare infine che le tombe, inutili ai morti nella pratica, sono invece necessarie ai vivi i quali, come successe allo stesso Foscolo in Santa Croce, possono, ricordando attraverso quelle i grandi del passato, trarne esempio per la propria vita, continuando magari la strada che avevano tracciato.
I sepolcri, secondo il Foscolo, servono a rinforzare l'affetto familiare di una nazione, a farci ricordare il passato glorioso della Patria e quindi a spingere i giovani verso le grandi gesta, ed è infatti in tali motivi che trova grande spazio l’attualità dell’opera, che quindi pur trattando della morte, si può considerare un incitamento alla vita “eroica”, citando illustri esempi come Dante, Petrarca, Parini, Alfieri e Machiavelli.